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Il capro
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Recensione: Il capro di Silvia Cassioli

Oggi Daniela di Daniela Carletti – Autrice per l’appuntamento del libro, ci parla de Il capro di Silvia Cassioli nell’edizione di Il Saggiatore.

Recensione di Daniela Carletti de Il capro di Silvia Cassioli

Acquista il romanzo Il capro di Silvia Cassioli

«Il “capro sacrificale”»

“Il capro” di Silvia Cassioli tratta uno dei casi giudiziari italiani, il cosiddetto Mostro di Firenze, di cui si è discusso più a lungo nelle aule dei tribunali, sulla stampa, nelle conferenze, nelle decine di pubblicazioni che hanno affrontato il tema, nei documentari e nelle trasmissioni televisive: una per tutte “Un giorno in Pretura” che riprese i processi in sede dibattimentale.

Anche senza calcolare gli atti giudiziari, ne deriva una quantità abnorme di materiale e la letteratura del caso conta ben 44 pubblicazioni; ma il libro in oggetto andava scritto, poiché presenta alcune particolarità significative.

Trattandosi di un fatto reale, la Cassioli sceglie la forma del saggio seppur dai toni romanzati, raccontando i fatti per come si sono svolti, ma avvalendosi al contempo della possibilità di sottolineare alcuni aspetti secondo la forma della narrazione.

Il capro
Il Capro di Silvia Cassioli

Il risultato è un tessuto lineare, senza cesure, che accompagna il lettore nel continuo bombardamento inevitabile di notizie. E siccome è facile perdersi nel susseguirsi incessante di informazioni e di piste da seguire, a pagina 285 l’autrice ci fornisce una sorta di breve riassunto in relazione agli omicidi, che non suona certo come una ripetizione. Per lo stesso motivo, a volte ci avvisa di tenere a mente la tal cosa, perché poi ci tornerà utile più avanti per comprendere relazioni.

La tematica è drammatica di suo, ma l’autrice riesce a mettere insieme una quantità indicibile di elementi e persone, dando voce ad ognuno, descrivendo quella che fu una vera e propria psicosi del Mostro, insieme all’orrore e alla ferocia dei delitti, allo strazio delle vittime e dei loro parenti.

A pagina 147 si legge “[Il Mostro di Firenze è, ndr] il primo serial killer non esibizionista della storia del crimine”: qui si comprende la complessità delle indagini, trattandosi di una psicologia criminale fino ad allora ignota. La Cassioli aggiungendo una tinta noir, fa parlare gli inquirenti, costretti fra la tragedia, la responsabilità e la pressione dell’opinione pubblica, senza però disdegnare di porre in risalto i molteplici errori (talora grossolani), commessi da più parti nel corso dell’istruttoria.

Particolare rilievo è dato agli interrogatori dei testimoni e degli imputati del processo, riportati alla lettera: ne deriva un lessico a dir poco originale (un italiano improbabile mescolato al dialetto toscano), che però rende bene la dimensione socio-culturale del contesto.

L’apparizione/sparizione di innumerevoli piste da indagare (molte delle quali considerate depistaggi), rivela una crudeltà nella crudeltà che l’autrice coglie in pieno, come pure l’assurdità dei depistaggi casuali determinati da una sorta di follia collettiva che vede avvicendarsi una serie di testimoni improbabili: colui che ha paura di essere considerato il Mostro, chi sospetta dei suoi cari o dei vicini, chi ha paura per sé, chi pensa di potersi rendere utile, chi spera di accostare il suo nome alla risoluzione del caso, ci sono gli immancabili mitomani, c’è chi inventa false piste per il gusto di farlo e c’è chi, messo sotto accusa, a sua volta accusa altri per salvarsi.

A perturbare ulteriormente la situazione, si aggiunga che molti degli inquisiti di turno, avevano un passato criminale con situazioni giudiziarie irrisolte: ciò ha determinato una somma delle storie che ha reso ancora più impervia la risoluzione del caso.

In tutto questo bailamme, lievitano numericamente parlando, i cosiddetti “compagni di merende” (tra cui Pacciani), che apportano altro scompiglio in un panorama già intricato all’ennesima potenza. È a questo proposito che la Cassioli, riferendosi alle pratiche sessuali del gruppo, scrive una delle frasi più significative “Il Mugello hard che fa arrossire Boccaccio” (pag. 298).

La descrizione raggiunge il massimo nella guerra tra “non complottisti, complottisti semplici e ultracomplottisti”, in un miscuglio delirante “che travolge ogni onesto tentativo di capirci qualche cosa” (pag. 390).

Il punto più significativo però, si ha nel finale, quando la Cassioli chiama in causa il titolo. Il capro “sacrificale” è colui (Pacciani), che viene immolato in nome di una Giustizia, secondo molti a “furor di popolo”.

Ma il titolo può indicare anche altro.

Il primo criminologo che si è occupato del caso è stato Francesco Bruno che, orientato sulla pista esoterica, ricevette all’epoca minacce di morte. Sostituito ben presto, con Bruno esce di scena anche la sua ipotesi, poiché il giudizio degli inquirenti è unanime: si tratta di depistaggio. Ma riprendendo quella pista nelle ultime pagine, l’autrice scrive “Era Narducci il mostro di Firenze? Era lui il custode dei feticci? Fu ucciso davvero in quanto mostro o traditore di mostri?” (pag. 390), lasciando ovviamente aperta la questione, quale tuttora è.

Daniela Carletti

E tu conoscevi questo libro Il capro di Silvia Cassioli? Fammelo sapere nei commenti. Se ti piace scrivere o raccontare un libro, una ricetta o un viaggio che vuoi fare scoprire, scrivi a appuntidizelda.info@gmail.com.

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