Oggi, nel nostro appuntamento letterario, Daniela Carletti ci presenta La Morte a Venezia di Thomas Mann edito da La Biblioteca di Repubblica. Scopriamo insieme cosa ci svela su questa opera!
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Recensione di Daniela Carletti di La Morte a Venezia di Thomas Mann
“L’opera perfetta.”
— Daniela Carletti
Nell’accingermi a scrivere la recensione de «La morte a Venezia», mi sono resa conto ben presto che la sua lunghezza sarebbe stata improponibile, data la grande ricchezza dell’opera. Perciò, dopo aver esposto i tratti salienti della trama senza rivelare il finale, mi limiterò a dirvi perché vi consiglio vivamente questa lettura (ammesso che già non la conosciate), e perché secondo me (ma è opinione comune), questo lavoro di Mann è un capolavoro assoluto.
L’azione iniziale si svolge a Monaco di Baviera dove il cinquantenne Gustav von Aschenbach scrittore affermato e di successo, in un momento di stasi creativa e preso da improvvisa voglia di viaggiare, decide di raggiungere un’amena località turistica: Venezia, in cui però, dilagherà il colera.
Durante il soggiorno conosce Tadzio, un ragazzo di quattordici anni, dai lineamenti sublimi, in cui Aschenbach riconosce la pura espressione del divino: sarà la visione di questa perfezione a generare nell’artista un forte conflitto interiore che lo porterà a prendere coscienza di sé e dello stato in cui versa l’Arte.
Dunque in termini di trama, non accade granché, poiché uno degli aspetti mirabili di quest’opera, è quello di compiersi in una dimensione interiore, nell’animo del protagonista, dove si consuma il vero dramma.
Thomas Mann (1875-1955), Premio Nobel nel 1929, è un gigante della Letteratura, come appare chiaro fin dalle prime pagine de «La morte a Venezia» in cui la costruzione della struttura, i tecnicismi letterari, la cura dei dettagli, la poetica della prosa, il modo in cui viene trattato il soggetto che è la morte della civiltà e quindi anche dell’Arte, ne fanno un capolavoro di incredibile perfezione.
Nulla è lasciato al caso ed ogni personaggio che appare e scompare nella narrazione (per poi magari riapparire sotto altre spoglie), genera un’atmosfera così affascinante da rendere la descrizione quasi palpabile.
Persino i tratti in cui la punteggiatura si fa scarna, rivelano una comunicativa che, molto spesso sottende l’incalzare di un concetto.
Molteplici i richiami alla grecità e alla mitologia classica, in base ai quali l’autore crea pagine di infinita bellezza narrativa e poetica, come ad esempio quando descrive l’alba in una mattina d’estate sull’Adriatico (pag. 64).
Venezia poi, che oltre al protagonista Aschenbach e al tema centrale che è la Morte, ha una parte importantissima nel contesto dell’opera, scorrendo le pagine appare nella nostra immaginazione come se ci trovassimo in una qualche calle o nel bel mezzo del Canal Grande magari su una gondola, mentre l’acqua della laguna con la sua indolenza secolare, ne lambisce le fiancate.
Un altro aspetto che va sottolineato per far comprendere maggiormente la bellezza dell’insieme, è dato dalla presenza di alcuni “fermo immagine” disseminati in tutta l’opera: il testo è esposto al tempo passato, ma in alcune brevi parti, Mann cambia improvvisamente il tempo verbale adottando il presente, come se volesse stigmatizzare l’azione che descrive in quel determinato frangente.
Infine, vi consiglio di vedere anche il film «La morte a Venezia» tratto dall’opera di Mann, per la regia di Luchino Visconti che ha interpretato in maniera sublime il pensiero di Mann, realizzando anch’egli un capolavoro indiscusso.
Daniela Carletti
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