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Storia Aperta di Davide Orecchio – Recensione

Oggi, nel nostro appuntamento letterario, Daniela Carletti ci presenta Storia Aperta di Davide Orecchio, edito da Bompiani Editore. Scopriamo insieme cosa ci svela su questa opera!

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Recensione di Daniela Carletti di Storia Aperta di Davide Orecchio

«Il tributo di un figlio»

Il titolo di questo libro fa pensare a “Opera aperta” di Umberto Eco, perché nel suo lavoro Davide Orecchio, sulla base di una vasta documentazione scritta da suo padre e non solo (pensieri, articoli di giornale, annotazioni ed altro), costruisce un romanzo “aperto” che, sulla base di quel materiale, si sposta avanti e indietro nel tempo, offrendo uno spaccato della Storia sociale e politica del ‘900 italiano.

In questa ricostruzione certamente non semplice operata dall’autore, Pietro Migliorisi (pseudomino di Alfredo Orecchio, protagonista e padre di Davide), racconta il travaglio interiore di tutta un’esistenza schiacciata dal rimorso di essere stato fascista, seppur indotto a ciò da suo padre e dal regime che lo ha ingannato. Infatti è solo da adulto, divenuto scrittore e giornalista, che egli ripudia il fascismo per abbracciare l’ideologia comunista che manterrà fino al termine della sua esistenza.

L’espressione “bambino diacronico” che ricorre di continuo in tutto il testo, sta ad indicare che il protagonista, tenero balilla, era in via di formazione in un tempo, quello della sua giovinezza, che lo ha preteso tale.

E così, tutti i bambini diacronici come Pietro Migliorisi, non realizzano sul momento di essere strumenti di propaganda “E Palmiro Togliatti ci disse: noi non abbiamo nessun rimprovero da muovere ai bambini diacronici, semmai sono loro che hanno dei rimproveri da muovere a noi, che in vent’anni di fascismo abbiamo fatto troppo poco per spingerli a percorrere il cammino della democrazia, o del comunismo, o del socialismo…è semplicemente ridicolo accusare i bambini diacronici di essere stati i pilastri del regime fascista, loro sono stati gli ingannati, non gli ingannatori, ora hanno la possibilità di combattere e dimostreranno quanto sono sani …” (pag. 251).

Tuttavia, Pietro non lo realizza neanche più tardi, quando ormai maggiorenne da volontario, si ritrova a sparare ai civili in Etiopia durante le guerre coloniali. 

Salta poi agli occhi in appendice al libro nella sezione “Autori e Opere” che, all’epoca in cui Migliorisi militava tra le “camicie nere”, altri erano in opposizione al regime pagando di persona. Soltanto più tardi, verso la fine della guerra, il protagonista decide di passare all’altra sponda, “adottato” dal Partito Comunista.

Davide Orecchio

Da quest’opera composta indubbiamente con grande attenzione sia verso la storicità, sia verso il vissuto del padre, si ricava una sorta di biografia caratterizzata da una mancanza di coerenza logica in cui abbondano le contraddizioni, dove tutto ciò che interviene nella vita delle persone, avviene a loro insaputa o sotto coercizione.

Il tono è autocommiserativo e tendente ad un vittimismo dal sapore un po’ artefatto, in cui le ripetizioni abbondano, specie quelle volutamente ossessive di uno stesso termine o frase, per porre maggiormente in evidenza il tormento interiore e il pentimento.

Nell’insieme risulta perciò alquanto prolisso e il taglio di cronaca impresso al romanzo, non sollecita l’interesse di chi legge, nonostante il libro sia stato proposto nella “dozzina” del Premio Strega 2022.

È comprensibile tuttavia il tributo affettuoso di un figlio per di più scrittore, e l’urgenza nel volerlo esprimere. In questo senso si dimostrano toccanti e concrete, scevre da sovrastrutture psico-ideologiche, le belle pagine che corrispondono alla “Nota”, in conclusione del libro.

Daniela Carletti

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