Recensione: Niente di Vero di Veronica Raimo

Oggi Daniela di Daniela Carletti – Autrice per l’appuntamento del libro, ci parla de Niente di Vero di Veronica Raimo nell’edizione di Einaudi.

Recensione di Daniela Carletti de Niente di Vero di Veronica Raimo

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«Sorriso amaro»

Vincitore del “Premio Strega Giovani 2022”, “Niente di vero” di Veronica Raimo racconta fatti autobiografici legati alla famiglia d’origine dell’autrice e protagonista (Verika, che è una contrazione di Veronica): le eccessive ansie della madre, il senso dell’ordine quasi maniacale del padre, il rapporto con i nonni e con il fratello, Christian, anche lui scrittore.

Non mancano le prime esperienze adolescenziali di sesso e il tentativo di ritagliarsi uno spazio nel mondo: tutti elementi che, inequivocabilmente, fanno di questo libro un romanzo di formazione, ossia un “bildungsroman” secondo l’accezione tedesca che è quella originaria.

Niente di Vero di Veronica Raimo

Scritto con uno stile lineare e scorrevole, nella narrazione la Raimo sparge qua e là termini, come ad esempio “googlare”, che non sono proprio un arricchimento della lingua italiana ancora in grado di concepire sfumature diverse relative ad uno stesso concetto, attraverso una considerevole fioritura di termini.

Se da un lato l’espressione infatti, favorisce la brevità riassumendo un’azione (googlare vuol dire “Cercare in internet tramite un motore di ricerca” fonte Oxford Languages), dall’altro disabitua all’eloquio e alla discorsività: accade sempre più spesso che si usi un termine, senza saperne esprimere a parole il significato.

Sempre nella narrazione troviamo descrizioni di situazioni non proprio gradevoli (come quella del bolo di alcuni commensali o quella dei limiti imposti da un intestino pigro), per proseguire con la notizia secondo cui la lettura de “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij è un supplizio.

A parte questi aspetti “trasgressivi” che ormai sanno di tutto fuorché di trasgressione (poiché vengono usati da svariati decenni), l’aspetto interessante del libro risiede nel contrario di ciò che può apparire. Non si tratta di un racconto più o meno esilarante, quanto piuttosto di una sorta di confidenza dal sorriso amaro, un’ironia in cui, come spiega già il titolo, non c’è “niente di vero”, poiché, dice la Raimo – vivere in un’indeterminatezza costante, mette ogni cosa in discussione, scomponendola in mille pezzi che poi, alla fine, non stanno più insieme tra loro –.

E se il padre, chimico di professione, tende a creare dei luoghi in cui gli oggetti sono ordinati proprio come gli elettroni intorno al nucleo atomico di un determinato elemento chimico, lei, Verika, lo rifiuta “Ogni volta che mi sono sentita chiusa in una cameretta, dentro un gioco con delle regole, non ho provato a fuggire ma a inquinare il raziocinio della stanza e delle regole.”; salvo poi osservare che “… comincio a rileggere tutta la mia vita in questi termini: un conflitto costante tra abbandonare qualcosa e cercare di riprenderlo.”

Niente di Vero di Veronica Raimo

L’apparente contraddizione rivela in realtà un disagio, inevitabile nel momento in cui vengono a mancare i parametri di riferimento, senza che nessuno sia riuscito a sostituirli prima di distruggerli.

Il libro insomma è la denuncia di un malessere diffuso, ma non dice nulla di nuovo sul panorama esistenziale attuale, specie quello delle nuove generazioni, essendo il racconto di una delle tante esperienze di vita, uguale a mille altre, dove però l’autrice che molto saggiamente non si prende troppo sul serio, comprende molto bene che ogni cosa è governata da un senso sconfinato di noia.

Daniela Carletti

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