Avventure in Africa di Gianni Celati – Universale Economica Feltrinelli – Recensione

Oggi ospitiamo la recensione Avventure in Africa di Gianni Celati in collaborazione con l’autrice Daniela Carletti – La sconfitta del tempo, che ringrazio tantissimo per la sua disponibilità.

Avventure in Africa di Gianni Celati – Universale Economica Feltrinelli – Recensione

Trama: Questo libro mi ricorda la parte iniziale di Caro diario di Nanni Moretti. Là un uomo d’estate girava in Vespa per Roma deserta, e questo dava I’emozione di veder scorrere le immagini delle strade, le facciate delle case, il grande silenzio quotidiano, come se vedessimo e ascoltassimo tutto per la prima volta. In Avventure in Africa c’è la stessa emozione di veder scorrere le immagini della vita, come in un primo sguardo trasognato del mattino che riscatta tutte le esperienze di viaggio, sia quelle immaginate che quelle vissute.

Come quello di Nanni Moretti anche questo è un diario, che diventa un racconto a zigzag, spesso comico, e con un fedele studio della vita dei turisti. Sembra che un’invisibile macchina da presa segua ‘l’uomo che scrive’ nel lungo tragitto attraverso il Mali, il Senegal e la Mauritania, soltanto per portarci a guardare il mondo con affetto.

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Recensione a cura di Daniela Carletti

È un bellissimo libro sull’Africa (il viaggio si svolge in Mali, Senegal e Mauritania) e su coloro che vanno a visitarla.

Scritto in maniera spontanea e fluente, una gioia per la mente, lo stile condito talora da tratti ironici, è perfettamente in linea con la descrizione di un’esistenza, quella che si conduce in Africa essendo africani, all’insegna di una semplicità che non viene intaccata neanche dal mito che le popolazioni locali hanno nei confronti del ricco e facoltoso uomo bianco specie se americano.

Avventure in Africa di Gianni Celati

Con uno sguardo di natura spinoziana, Celati constata la naturalezza con cui la stessa natura si esprime attraverso le persone del posto, nel loro modo di vivere e di concepire l’esistenza, senza che nessuno sospetti minimamente (i “puri di cuore”), di corrispondere ad una determinata visione della vita.

E questa idea della natura che agisce su ogni cosa poi, Celati la estende anche ai turisti che, come dice Jean, il suo compagno di viaggio, sono diventati un vero popolo, al punto che, improvvisamente “Quello dei turisti [ndr] forse è l’unico popolo a cui si può appartenere ormai , in quanto viaggiatori o sbandati perpetui.” (pag.163)

Il turista potrebbe addirittura diventare il soggetto del documentario che, in origine quale scopo del viaggio, doveva essere girato sulle pratiche dei guaritori dogon. Ma il progetto naufraga scontrandosi per motivi logistici, con una realtà che, nella sua logica disarmante dà spazio soltanto a se stessa.

In effetti, lascia intendere Celati, il mondo e prima ancora l’Africa, non hanno alcun bisogno di un film che parli di guaritori “Del documentario sui guaritori dogon non se ne parla più, meno male.” (pag.92), o che racconti dell’odissea a cui si va incontro volendo muoversi da un posto ad un altro con una corriera che però, secondo l’uso locale, per affrontare il viaggio deve prima riempirsi di gente accalcata in ogni spazio disponibile

“Penso a un documentario da fare su una corriera come questa, che non si sa quando partirà” (pag. 142), “… su una corriera che non parte mai […] con due europei che a poco a poco si calmano e dopo non hanno mai più fretta per tutta la vita” (pag. 149).

E non ha bisogno neanche di un documentario sui turisti, poiché in quella latitudine le cose si vedono e si vivono in una maniera per noi insospettabile e perfino inconcepibile;  dice sempre l’autore“… io qui sono prima di tutto un fantasma di pelle bianca, sperduto turista” (pag.52).

Bellissimo il sentimento atemporale dal vago sapore agostiniano “ – qui non c’è che il benedetto presente, quello è l’orizzonte degli eventi, il resto un polverone di fantasmi.” (pag.105); così come è bellissima la riflessione sul treno in ritardo “Mi chiedo in ritardo su cosa, io qui sto bene.” (pag. 114).

Niente di più reale riflettere perciò che “Siamo stati dentro un documentario turistico…” (pag. 178).

Ma con un’amara osservazione Celati si chiede

“… gli africani andranno verso l’occidente? Diventeranno scomposti, pedagogici, romantici, depressivi, maniaci del tutto sotto controllo? Crederanno nella privacy, nelle vacanze, nei progetti, nella testa proiettata verso l’avvenire e mai nel presente dov’è? Si vergogneranno della deperibilità dei corpi, del vecchiume, degli scarti, del rimediato, dell’aggiustato? Bandiranno il disordine naturale delle cose?” (pag. 175).

Avventure in Africa di Gianni Celati

Sfuggendo alla retorica che comporterebbe la risposta, l’autore dà a suo modo una soluzione implicita nell’affermazione, spostando il problema sulle necessità reali dell’uomo.

Perciò conclude che, ciò di cui abbiamo realmente bisogno per sfuggire dal documentario in cui ci trasciniamo dovunque andiamo, è il niente “… uno potrebbe anche accorgersi di non aver bisogno davvero di niente, tranne del niente che gli manca davvero, del niente che non si può comprare, del niente che non corrisponde a niente […] o il niente che hanno gli altri che non hanno niente.” (pag. 179).

Daniela Carletti


E tu conoscevi questo libro? Fammelo sapere nei commenti. Se ti piace scrivere o raccontare un libro, una ricetta o un viaggio che vuoi fare scoprire, scrivi a appuntidizelda.info@gmail.com. Non vedo l’ora di conoscerti!

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