Recensione: Zazie nel Metrò di Raymond Queneau

Oggi, nel nostro appuntamento letterario, Daniela Carletti ci presenta il romanzo Zazie nel Metrò di Raymond Queneau, pubblicato da Einaudi. Scopriamo insieme cosa ci svela su questa opera!

Acquista il romanzo su Amazon

Recensione di Daniela Carletti di Zazie nel Metrò di Raymond Queneau

«Il lettore attivo di Queneau»

Per comprendere appieno quest’opera di Queneau, scrittore, poeta e drammaturgo francese, bisogna accostarsi prima di tutto al suo modo di intendere la letteratura.

Secondo il critico letterario Roland Barthes, Queneau in tutta la sua produzione, ingaggia una lotta con la letteratura, al punto da divenire un vero e proprio corpo a corpo.

Zazie nel Metrò

Nel 1960 insieme a Francois Le Lionnes, crea il movimento letterario OuLiPo (“Ouvroir de littérature potentielle”), ovvero l’”Opificio di letteratura potenziale”, una sorta di laboratorio in cui si studiano tutte le potenzialità delle regole formali della letteratura.

Ne fece parte anche Italo Calvino che, nel 1967 tradusse di Queneau “Les Fleurs bleues”.

Lo scopo è quello di sperimentare in ogni direzione, compreso il modo tradizionale di concepire la narrativa che, sulla base di una visione alternativa, renda il lettore attivo.

In questo lavoro di Queneau infatti, non c’è da ricercare nell’analisi della trama, il messaggio dell’autore. Egli non intende proporsi in veste di scrittore tradizionale, quanto piuttosto di colui che, fornendo vari spunti sparsi nel romanzo, lascia al lettore la possibilità di argomentare soggettivamente il senso della narrazione, formulando una o più interpretazioni possibili, esattamente come l’autore realizza nei suoi “Exercises de Style” (tradotto in italiano da Umberto Eco nel 1983), in cui per novantanove volte ripropone lo stesso racconto in una veste sempre diversa. È in questo senso che bisogna interpretare tutte le anomalie presenti in “Zazie”, ovvero come spunti per operare la sperimentazione.

“Zazie dans le metró” è la storia di una bambina che insieme a suo zio attraversa una serie di peripezie visitando Parigi ed entrando in contatto con vari personaggi; ma rimane delusa perché non può prendere il metró a causa di uno sciopero.

Stando al gioco dell’autore, la prima interpretazione viene suggerita dal titolo che sembra contenere un’antìfrasi, poiché Zazie non prenderà mai il metró. Ma se intendiamo il metró come un luogo e non come un mezzo di trasporto, ecco che il significato cambia: non c’è più antìfrasi poiché Zazie sarà condotta nei luoghi del metró, in condizioni eccezionali per sfuggire ad una situazione pericolosa. Come dire che il subconscio (rappresentato dal metró), emerge solo in una situazione di rischio.

Proseguendo nella speculazione analitica, possiamo dire che, nonostante il metró sia aperto da decenni, è chiuso proprio quando Zazie è disposta a visitarlo, per poi scoprire che il substrato della coscienza è inaccessibile.

Oppure potremmo dire che l’impossibilità di visitare il metró, da cui scaturisce l’insieme delle esperienze in cui Zazie si ritrova visitando la città in superficie (la città che “si vede”), costituiscono la metafora della vita in cui si invecchia senza mai aver vissuto davvero, senza essere scesi nelle regioni più intime e profonde dell’animo: Zazie, condotta da altri, nel suo aggirarsi per la città via via si annoia, poi si addormenta, quindi realizza di essere invecchiata.

Il fatto che si addormenti proprio quando viene portata nelle gallerie e nelle stazioni deserte del metró ancora in sciopero, può stare a significare (tra le tante interpretazioni, ricordiamolo!), che la vita finisce sul più bello; oppure che l’accesso al metró non in servizio, corrisponde alla possibilità di potersi conoscere solo in parte.

In sostanza, ogni indizio, ogni anomalia in Queneau, diventa sinonimo di “sperimentazione” che, spesso va ricercata nell’esatto contrario (il personaggio che porta il nome della principessa cinese che vuole vendicare la violenza subita da una sua ava, qui si identifica con colui che viene accusato da Zazie di volerla violentare).

Per ottenere questo impianto letterario, Queneau parte comunque dalla tradizione: la struttura è quella classica e non manca un crescendo condotto secondo le regole. La tipologia dei personaggi è molto variegata, poiché rappresenta il campionario umano più o meno sempre dedito alla finzione e alla menzogna: lo zio di Zazie si veste da omosessuale senza esserlo e l’avventuriero Trouscaillon incarna svariati ruoli; è proprio in ragione di tali menzogne che Zazie inventa storie cruente, poiché se tutti mentono, lo fa anche lei all’ennesima potenza.

Uniche eccezioni: un pappagallo che contraddicendo l’iconografia della sua specie, commenta (anziché ripetere) il discorso di chiunque con un lapidario “Chiacchieri, chiacchieri, non sai far altro.” ad intendere che le ciarle si trasferiscono nel parlare degli umani; e la moglie dello zio di Zazie, Marceline (mai citata come zia) che, in tutto il racconto diversamente dagli altri personaggi, “si esprime con dolcezza”. Sarà Marceline che porterà Zazie e la sua compagnia, nei sotterranei del metró, e sarà sempre lei nei panni di Marcel (che è il maschile di Marceline), che condurrà Zazie al termine del suo soggiorno parigino, da sua madre: entrambe deduzioni tuttavia, poiché Queneau le lascia intuire senza affermarle, in osservanza all’“apertura della trama”.

Il tutto avviene come in una pièce teatrale dove i personaggi entrano ed escono, su espressa indicazione tra parentesi nel testo, come in un copione in cui il commediografo annota gesti, pause, silenzi, sorrisi e sospiri.

Quanto al linguaggio, Zazie impreca e si esprime con un eloquio che si addice più ad un personaggio di Pasolini o Gadda; la parola sconfinando talora nel ridicolo, diviene irriverente e grottesca generando “rottami di parole”. Queneau usa anche espressioni gergali che, “strascicando” le parole, introducono nuovi termini legandoli, senza spazi di separazione: sono le cosiddette “costrizioni” alfabetiche, fonetiche, sintattiche e lessicali (come nel caso descritto). Non mancano le assonanze e i giochi di parole: l’esempio successivo è riferito alla parabola della vita “Un nulla la mena, un nulla l’emana, un nulla la mina, un nulla l’allontana.” (pag. 89).

Per coronare la sua sperimentazione Queneau si spinge ai limiti del possibile, inglobando senza alcun fastidio per il lettore, uno stralcio di critica letteraria al suo stesso racconto. A parlare è lo zio di Zazie che poi, si rivolge anche all’autore “Zazie è il sogno d’un’ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l’ombra di un’ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota (oh! mi scusi).” (pag. 67).

In questo scenario, davvero apprezzabile il compito rocambolesco di Franco Fortini che tradusse l’opera nel 1960.

Ma seppur il gioco risulta accattivante per il lettore, è evidente come nel XX secolo, le avanguardie abbiano perso di vista lo scopo dell’arte, cioè la bellezza intesa come insegnamento di valori. Questo allo scopo di asservire il gusto della decostruzione, oggi trasformata in banale e perfino antiquata trasgressione.

Detto ciò, coscienti che la letteratura è altro (come dice lo stesso Queneau definendosi in questo contesto, un “romanziere idiota”), è divertente stare al gioco delle varie interpretazioni!

Daniela Carletti

Conosci Zazie nel Metrò di Raymond Queneau? Fammelo sapere nei commenti e seguimi sulla pagina Facebook per essere aggiornati su tutte le novità della pagina o in alternativa puoi trovarmi su Instagram e Twitter.

Non perdere le ultime recensioni

Recensione: La Luce Delle Stelle Morte di Massimo Recalcati

Recensione: Elogio dell’imperfezione di Rita Levi Montalcini

Recensione: Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer

Vuoi abilitare le notifiche?
Vuoi abilitare le notifiche? Iscriviti e ricevi le ultime notizie.
Attiva