Stradario aggiornato di tutti i miei baci di Daniela Ranieri

Oggi, nel nostro appuntamento letterario, Daniela Carletti ci presenta Stradario aggiornato di tutti i miei baci di Daniela Ranieri edito da Ponte alle Grazie. Scopriamo insieme cosa ci svela su questa opera!

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Recensione di Daniela Carletti di Stradario aggiornato di tutti i miei baci di Daniela Ranieri

«L’autoironia nevrotica»

Questo libro di Daniela Ranieri ha fatto parte della “dozzina” del Premio Strega 2022 e parla di una donna (forse l’autrice o forse no) in conflitto con se stessa e con il mondo. Ne risulta una sorta di diario in cui “parla” un po’ di tutto, quasi scrivesse “a braccio”, affrontando temi che, derivanti dalla sfera più intima e personale, vanno in special modo dall’amore alle nevrosi più radicate, senza risparmiarsi un certo tono autoironico che costituisce la parte più interessante del testo, oltre al rapporto con il padre scomparso, che è davvero molto toccante.

Anche se un’interpretazione non esclude l’altra, questo libro può essere visto sia in senso intimistico, sia per come viene presentato nello “strillo” (la fascetta che avvolge il volume), dove tra le altre cose si legge: «Il ritratto lirico e ironico di una donna e di un’epoca …».

Se analizziamo il testo secondo il primo dei due punti di vista, io lo definirei di certo un romanzo molto colto, ma all’insegna di una scrittura volutamente nevrotica: infatti nel capitolo «2 + 2 = 5», l’autrice “gioca” sull’etichetta da assegnarsi in termini psichiatrici, altalenando nella scelta tra la nevrastenia e la nevrosi. 

Sempre in termini di intimismo a pag. 656 alla fine del cap. «Iperacusia», si legge “Vorrei raschiare via il rumore dal mondo, per lasciarlo pulito, funzionante e muto, e veder riapparire in quella pausa clemente il rassicurante profilo paterno, genitore di silenzio perfetto.” 

Stradario aggiornato di tutti i miei baci di Daniela Ranieri

Cerchiamo ora la relazione fra questa citazione e la successiva, apparentemente dedicata al profumo che si compra e alle varie essenze (pag. 431, cap. “Toccare il cervello”) “…il profumo accarezza…il nostro cervello per un tempo limitato, solitamente per qualche ora…e poi scompare (ma scompare? Davvero? O resta, nella memoria incosciente…)…”:

da quanto leggiamo è evidente che non è il profumo in genere ad essere importante, ma la ricerca di uno specifico odore impresso nella sua memoria da qualche parte, quale unico raccordo tra sé e un padre scomparso troppo prematuramente. E questa ricerca si fa sempre più incalzante verso la fine del libro. Così si spiegherebbe tutta quella passerella di amori e uomini improbabili con cui sembra voler provocare il lettore a tutti i costi. Infatti, anche in relazione a come l’autrice descrive i suoi amanti, sorge spontanea la domanda «Ma era proprio necessario?», la possibile risposta è interessante «Beh, fra tanti, ce ne sarà almeno uno, simile a come era mio padre.»

Se invece consideriamo il romanzo per come viene pubblicizzato, ancora una volta si tratta indubbiamente di un libro molto colto, che però presenta la mole di un dizionario tradizionale unito a quello dei sinonimi e dei contrari, poiché ogni cosa viene enucleata e messa in dubbio osservandola da mille angolazioni diverse “A volte penso che tra noi ci sia un silenzioso raggiro: lui pensa, a ragione, che io pensi che lui, benché sia un accademico che maneggia l’etica e la filosofia, non sia una persona etica e un filosofo, per il semplice fatto che è un uomo con dei desideri sessuali …” (pag. 282). 

Personalmente non lo interpreterei in chiave ironica, poiché le conclusioni spesso supponenti, non tradiscono la leggerezza che è propria dell’ironia. Le costruzioni tortuose sparse copiosamente più o meno in tutti i capitoli, rivelano piuttosto una certa componente ansiogena: del resto lo dice l’autrice stessa di sé “Forse a Giobbe avrebbe giovato il Prozac. Io l’ho preso per un anno, convinta di poter convincere l’interno della mia scatola cranica a suggere dalla polverina incapsulata solidi motivi per farmi essere meno triste, meno capziosa, meno lamentosa …” (pag. 293).

Le pochissime volte che i toni si placano invece, non mancano piacevoli riflessioni coerenti nello sviluppo del ragionamento, per cui colui che tra i due amanti in una squallida camera d’albergo accende l’abat-jour, è come “…il sagrestano che accende il cero elettrico nella Cappella Contarelli (2 euro per un minuto di luce), affinché si manifesti il triplice San Matteo di Caravaggio, in San Luigi dei Francesi.” (pag. 210), anche se ad accendersi nella Cappella citata, è proprio la luce e non il cero elettrico.

Daniela Carletti – Foto Profilo Pagina Facebook Daniela Carletti Autrice

Spesso questi momenti si appoggiano su citazioni di grandi filosofi, poeti, scrittori, scienziati. Peccato comunque che, nell’imponenza del volume, detti momenti risultino una minima parte, rimanendo soffocati dal carattere generale che di certo è autoironico, ma anche ridondante.

Tra l’illustrazione di un soggetto e la relativa conclusione/deduzione, si aprono svariate proposizioni per lo più incidentali (a pag. 284 c’è una parentetica di 24 righe), che aggravano pesantemente il discorso. Si parla di tutto e il contrario di tutto per cui non si capisce come mai negli oltre 80 capitoli spalmati su quasi 700 pagine, manchi la descrizione ad esempio, di come si costruiscano le automobili! In definitiva, non mancano momenti ricchi di significato e altri di piacevole ironia, ma anche se l’eccesso è voluto, risulta davvero eccessivo. 

Daniela Carletti


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