Io sono la Contessa è un avvincente romanzo storico scritto da Cinzia Giorgio e pubblicato da Newton Compton Editori. Il libro racconta la frenetica vita della Contessa Matilde di Canossa, una delle figure più emblematiche del Medioevo. Il romanzo si ama per la sua narrazione coinvolgente che alterna lettere scritte dalla stessa Matilde e capitoli narrati in terza persona, offrendo un ritratto approfondito e dettagliato di una donna straordinaria.
Io sono la Contessa di Cinzia Giorgio
“Sono la figlia di Bonifacio di Canossa, sono nata per governare queste terre e nessuno potrà mai impedirmelo. Nemmeno mio marito.”
Matilde di Canossa è ritratta come una donna di immensa intelligenza, straordinario carisma e forte determinazione. Cresciuta in una famiglia prevalentemente maschile, Matilde ha imparato fin da giovane a maneggiare le armi e a cavalcare. Ha sposato due volte, rifiutato due mariti, sconfitto l’imperatore e convinto il papa a ritirare una scomunica. La sua vita è una testimonianza di coraggio e indipendenza, caratteristiche che emergono potentemente nelle pagine del libro.
Io sono la Contessa è un libro consigliato per gli appassionati del genere storico, in particolare per coloro che sono interessati al periodo medievale e alla figura affascinante di Matilde di Canossa.
Un aspetto affascinante del romanzo è l’importanza attribuita al cibo durante il famoso banchetto di riconciliazione noto come l’Umiliazione di Canossa. Questo evento storico ha segnato uno dei momenti chiave della lotta politica tra l’autorità della Chiesa, guidata da Gregorio VII, e quella imperiale di Enrico IV. Cosa si mangiava a quell’epoca e quali pietanze piacevano a Matilde di Canossa?
Cosa si mangiava al tempo di Matilde di Canossa?
Matilde di Canossa, celebre figura storica, è ricordata per la sua passione per le fragole condite con aceto balsamico. Questo dettaglio affascinante emerge dalle pagine della Vita Mathildis scritta dal monaco Donizone di Canossa, sebbene molti ritengano che si tratti di una leggenda tramandata oralmente. L’aceto balsamico, già apprezzato dai Romani come dolcificante, viene descritto dal monaco come un prodotto speciale, probabilmente antenato del moderno Aceto Balsamico Tradizionale.
Nel 1046, l’imperatore Enrico II si recò in Italia per ricevere la corona imperiale. Durante la sua permanenza a Piacenza, inviò preziosi doni come si faceva al tempo alla corte del padre di Matilde, in cambio una bottiglia del rinomato aceto prodotto a Canossa. Il “balsamo” gli fu inviato in una piccola botte d’argento, trasportata da due buoi, e l’imperatore lo accolse con grande soddisfazione.
Ancor prima dell’episodio noto come l’Umiliazione di Canossa, il cibo giocava un ruolo cruciale nelle relazioni politiche. Quando il Papa perdonò l’Imperatore, la Contessa Matilde organizzò un banchetto sontuoso con oltre venti portate, che durò tutta la notte. Questo evento è passato alla storia come il “Banchetto della Riconciliazione”. Sebbene il menu completo sia sconosciuto, sappiamo che vennero serviti piatti come zuppa di ceci, arrosti di bue alle erbe, selvaggina e cinghiale. Tra i piatti più spettacolari, vi era un vitello arrosto farcito con pernici e fagiani, e per dessert, il raffinato “biancomangiare”.
Il biancomangiare, dolce simbolico e diffuso in tutta Europa durante il Medioevo, era preparato con petto di pollo, mandorle, zucchero e addensato con farina di riso. Durante la Quaresima, il pollo veniva sostituito con filetti di pesce bianco. Il riso, già noto ai tempi dei Greci, era considerato una spezia pregiata poiché non veniva coltivato in Italia, mentre lo zucchero, ancora una rarità, iniziava a diffondersi nelle cucine più ricche come dolcificante.
La cucina medievale aveva una forte valenza simbolica, e il candido “biancomangiare” era particolarmente adatto ai palati nobili e a occasioni di grande valore, come il Banchetto della Riconciliazione. Si ritiene che questo piatto abbia avuto origine in Francia, come suggeriscono i termini presenti negli antichi ricettari, quali blanche mangieri, balmagier, e bramagére. Introdotto in Italia nell’XI secolo, era già protagonista del famoso banchetto organizzato da Matilde di Canossa per la riconciliazione tra Papa e Imperatore.
Nel Liber de coquina del XIV secolo, uno dei primi ricettari in volgare, il biancomangiare viene descritto come un piatto a base di petto di pollo cotto, farina di riso diluita in latte di capra o di mandorle, zucchero e lardo bianco fuso, cotto a fuoco lento fino a ottenere una consistenza cremosa. Una variante quaresimale esclude il lardo, privilegiando il latte di mandorla e la polpa di pesce bianco, arricchita da porri bolliti.
Durante il Medioevo, l’alimentazione era principalmente basata sui cereali, consumati sotto forma di pane, farine d’avena e polenta, mentre le verdure costituivano una preziosa integrazione. La carne era considerata un alimento di prestigio, riservato alle tavole dei nobili, e le varietà più diffuse erano il pollo e il maiale, con il manzo meno comune.
Nel tardo Medioevo, si sviluppò una sorta di “alta cucina” che divenne uno standard tra la nobiltà europea. I banchetti dei nobili erano ricchi di selvaggina, condita con spezie costose importate dall’Oriente. I contadini, invece, consumavano principalmente zuppe e pane, spesso accompagnato da formaggio e castagne bollite, mantenendo una dieta semplice e ripetitiva.
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