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Daniela Carletti
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La spia che venne dal freddo di J. Le Carré

Oggi, nel nostro appuntamento letterario, Daniela Carletti ci presenta La spia che venne dal freddo di J. Le Carré. Scopriamo insieme cosa ci svela su questa opera!

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La spia che venne dal freddo
Daniela Carletti – Foto Profilo Pagina Facebook Daniela Carletti Autrice

«Di qua e di là dal muro»

— Daniela Carletti

Recensione di Daniela Carletti La spia che venne dal freddo di J. Le Carré

Siamo nella Berlino degli anni ’60, all’epoca della guerra fredda. Alec Leamas è un agente segreto inglese che lavora nella zona occidentale a ridosso del muro, per riportare a Londra le informazioni di alcuni suoi agenti sotto copertura nella Germania dell’Est. Ma ancora una volta l’infiltrato di turno, scoperto dal controspionaggio avversario, viene ucciso sotto i suoi occhi, mentre tenta di oltrepassare la cortina.

Per riscattare la sua immagine, Leamas accetta dal suo superiore, Control, un’ultima operazione volta ad abbattere Mundt, un alto funzionario del controspionaggio nemico. Il piano prevede che Leamas venga allontanato con disonore dai Servizi Segreti, in modo da risultare appetibile per gli agenti della Germania comunista, che mirano a ricevere da lui quante più informazioni possibili sulla controparte.

Ma le cose, già complicate allo stato dei fatti anche per la presenza di Liz Gold, una giovane donna amante di Alec, si mescoleranno ulteriormente come in un mazzo di carte in cui però, il jolly è mancante.

Ottenendo fin da subito un successo straordinario di critica e di pubblico, «La spia che venne dal freddo» (1963), è un romanzo di spionaggio che ha fatto epoca.

Pubblicato l’anno successivo a quello in cui Ian Fleming consacra alla storia del Giallo il suo mitico personaggio, James Bond, l’Agente 007 con licenza di uccidere, «La spia che venne dal freddo» si impone tra i cultori del genere e non solo, per l’atmosfera della narrazione e per il carattere del protagonista diametralmente opposto al brillante e infallibile Bond.

Leamas è infatti un personaggio disilluso che ha assaggiato più volte il sapore amaro della sconfitta, un “antieroe” che con la sua storia, porta in primo piano una realtà ben diversa da quella lucida e patinata consegnata all’immaginario collettivo da Fleming; una realtà in cui non c’è spazio per i sentimenti, per l’umanità o per il comune senso della giustizia.

L’unica regola che s’impone è quella dettata dalla convenienza che risponde alla logica del potere; logica che Leamas comprende benissimo, pur essendone nauseato.

Per questo il protagonista di Le Carré è un personaggio che non crede più a nulla, poiché né Dio, né Carl Marx sono in grado di dare risposte migliori, rispetto all’illogicità del sistema che ormai, palesemente, in una sorta di impazzimento collettivo, è sfuggita di mano non solo a coloro che detengono i fili del potere, ma anche alla società nel suo insieme, che agita cartelli referenziali verso le più disparate ideologie non meno cruente e non più magnanime di altre.

A tal proposito la spiegazione lucida e cinica di Leamas sul finale del romanzo, brano magistrale dell’autore, chiarisce bene il concetto.

In questo clima dove niente è come sembra, Le Carré, scrittore e agente segreto lui stesso al servizio della Corona per una certa parte della sua vita, pone in risalto aspetti fatti di dinamiche striscianti, in un intricato gioco di cospirazioni dove i ruoli “ufficiali” sono solo apparenti.

Ed è proprio in ragione di ciò che l’autore concepisce un colpo di scena finale di grande drammaticità, in cui l’invenzione si fa da parte, per lasciare il campo al realismo più agghiacciante di fronte al quale però, Leamas, questa volta, sceglierà l’amore.

Il film omonimo del 1965, ispirato al romanzo di Le Carré, per la regia di Martin Ritt e con l’ottima interpretazione di un mito del cinema, Richard Burton, nel ruolo del protagonista, ha spopolato e a ragione, nelle sale cinematografiche dell’epoca.

Daniela Carletti

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