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La Camera Azzurra di Georges Simenon
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La Camera Azzurra di Georges Simenon – Recensione

Oggi Daniela di Daniela Carletti – Autrice per l’appuntamento del libro, ci parla de La Camera Azzurra di Georges Simenon nell’edizione di Adelphi.

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Recensione di Daniela Carletti La Camera Azzurra di Georges Simenon

La Camera Azzurra di Georges Simenon
La Camera Azzurra di Georges Simenon

«Zone d’ombra in luce»

Tony e Andrée, i protagonisti del romanzo di Simenon, sono amanti, entrambi sposati. Si tratta di una passione morbosa, dove le azioni dell’uno e dell’altra, rispondono ad intenti più o meno inconsapevoli, di natura diversa. Ed è sulla base di queste due complesse e diverse realtà, che il succedersi di due delitti, li vedrà coimputati.

Negli ultimi anni abbiamo ascoltato di frequente la richiesta di sdoganare una volta per tutte Simenon dall’essere considerato uno “scrittore di gialli”, per accoglierlo a pieno titolo tra i grandi scrittori del ‘900; ed è proprio di questi giorni (02/2023) la consacrazione definitiva dovuta anche all’intenzione della casa editrice Adelphi di pubblicarne l’opera omnia.

Ma anche il genere Giallo riscuote finalmente la sua importanza e può figurare al pari di altri generi letterari. Sono ormai svariati decenni infatti, che i vari autori muovendo dalle orme del capostipite Edgar Allan Poe con il suo “I delitti della rue Morgue”, hanno oltrepassato i confini del “consentito”, creando una commistione con il “romanzo di genere” nelle sue diverse sfumature, elevando a Narrativa le proprie opere.

Del resto, molti dei Gialli di Agatha Christie non difettano certo di profondità lirica, per non parlare del noir che, per sua stessa definizione, ci descrive il carattere più intimo di uno o più personaggi di una storia.

Ed è proprio questo che ne “La camera azzurra”, George Simenon compie appieno: il Giallo in sé sembra quasi svanire, per lasciare il posto ad una lunga introspezione psicologica che non tralascia nessun aspetto del caso, proprio come avviene sul lettino dello psicanalista; un’analisi condotta con quel tono asciutto ed essenziale che però sa entrare nel particolare senza mai divenire ampollosa, senza mai incappare in luoghi comuni neanche per sbaglio.

Tutto si gioca intorno all’interrogatorio dell’accusato e protagonista Tony Falcone, eseguito in vari momenti per lo più dal giudice istruttore Diem. Non a caso Simenon sceglie questo nome (dal latino dies, “giorno”), per mettere in risalto i percorsi mentali contorti dell’imputato (Tony), che lo portano lontano da qualunque possibilità di chiarezza interiore.

La trovata maggiore consiste nell’alternanza tra due livelli, quello dell’interrogatorio in sé (pretesto per la ricostruzione della fabula) e quello intimo-riflessivo che svela i pensieri dell’imputato, quasi sempre in opposizione alle sue stesse risposte.

Dunque Simenon pone da subito in evidenza il vero luogo del conflitto, che avviene appunto nell’animo di Falcone.

Ma non è semplice entrare in quel mondo fatto d’intense zone d’ombra che delineano una psiche tutt’altro che risolta e che costituiscono il cuore vivo del noir in cui, stabilire la responsabilità effettiva del crimine in sé, è quanto di più lontano dagli intenti dell’autore.

Simenon infatti, lascia aperto il caso a prescindere dal verdetto finale; e se in base al racconto  possiamo ragionevolmente ipotizzare altre responsabilità, è indubbio che, a parte qualche velato accenno atto ad indurre in noi il sospetto, le responsabilità di cui si parla nel libro sono di tutt’altra natura “Come spiegare al giudice che [Tony, ndr], nel profondo della sua coscienza … aveva cominciato a sentirsi davvero colpevole? Provò a farlo in modo indiretto asserendo «E comunque è morta per colpa mia»” (pag. 140).

Esiste tuttavia da qualche parte nella sua psiche, un desiderio di pulizia e ripensando alla liscivia usata da sua madre “…si chiedeva come mai una polverina azzurra potesse ridare il bianco ai tessuti. Gli sembrava un miracolo” (pag. 2). “La chambre bleue” che richiama certamente per assonanza cromatica, il colore di quella polverina, rappresenta maggiormente la profondità dell’abisso in cui si perde Falcone (la traduzione corretta sarebbe “blu”, poiché in francese “azzurro” si traduce con azur).

Man mano che la storia procede verso l’epilogo, l’imputato senza rendersene conto, un po’ per superficialità, un po’ per vanità si ritrova invischiato in un gioco di cui non vorrà mai essere perfettamente cosciente. Tony è uno che nelle storie ci si ritrova senza neanche accorgersene, infatuato da un complimento e dall’idea di se stesso “Hai una bella schiena” (pag.10): questa frase che la sua amante gli rivolge, ma in particolar modo l’immagine del sesso di lei con il suo seme, è ripetuta quattro volte nel libro, a sottolineare l’esigenza di impossessarsi di un potere che Falcone, spirito irrisolto, sente di non avere.

Daniela Carletti

E tu conoscevi questo libro La Camera Azzurra di Georges Simenon? Fammelo sapere nei commenti. Se ti piace scrivere o raccontare un libro, una ricetta o un viaggio che vuoi fare scoprire, scrivi a appuntidizelda.info@gmail.com.

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